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Il problema della Roma non era Mourinho

La decisione dei Friedkin sconvolge la piazza, diverse perplessità su tempistiche e modalità del provvedimento: ora tocca a De Rossi

José Mourinho - Roma

Un pallido martedì di gennaio segna la fine di un’era: Dan e Ryan Friedkin hanno esonerato, con effetto immediato, José Mourinho dal ruolo di allenatore dell’Associazione Sportiva Roma. Un fulmine a ciel sereno, per quanto il clima non fosse dei più limpidi, comunicato alla piazza con la stessa modalità, diretta e risoluta, utilizzata anche nel primo pomeriggio del 4 maggio 2021, quando lo Special One fu annunciato nel clamore generale. Un testo di poche righe, sganciato sul sito del Club come una bomba atomica, chiude due stagioni e mezzo indimenticabili.
Due stagioni e mezzo che, dal punto di vista materiale, hanno portato: una Conference League, una finale di Europa League, persa ai rigori a seguito di un arbitraggio controverso, tre eliminazioni ai quarti di Coppa Italia, due sesti posti e un attuale nono posto in campionato. Ma guardando oltre ai risultati decretati dal campo, dell’avventura di José Mourinho a Roma qualcosa rimane; forse la componente più importante delle ultime annate. Resta impressa una storia di simbiosi tra un allenatore dal carisma indiscusso e una tifoseria che, per quasi tre anni, l’ha seguito e supportato, fidandosi ciecamente di lui, fino a creare un legame di vicendevole stima.

Inutile negarlo, chi lo fa si è perso un bagaglio di esperienze notevole, la gestione dello Special in giallorosso ha regalato alla Roma tre anni di forti emozioni, cavalcate europee, notti magiche e una coppa sollevata al cielo, la notte del 25 maggio 2022, a Tirana. A questo punto, alla luce di quanto visto nei tre anni e della decisione definitiva presa dalla proprietà, è doveroso chiedersi: il problema era davvero Mourinho?
I comunicati ufficiali della Società, con i ringraziamenti e gli auguri di rito, la cui spontaneità sarebbe da rivedere, nascondono, dietro l’ipocrisia, il reale motivo dell’esonero. E così, con la decisione incontrastabile dei Friedkin, il tifo giallorosso è costretto ad assistere a un provvedimento che suscita più di qualche perplessità.
Un uomo che ha unito la Roma e i suoi tifosi, come nessun altro nella storia del Club, viene obbligato, senza neanche la possibilità di salutare dal vivo il suo pubblico, ad abbandonare per sempre la realtà che, con fatica, ha saputo costruire.

I numeri possono raccontare di una media punti in campionato tra le più basse tra gli allenatori giallorossi dell’era dei tre punti, e di una Roma che non faceva un inizio di stagione peggiore dell’ultimo (cinque punti in sei giornate) dal 1978, ma Mourinho ha sempre dimostrato, con la sua consueta sagacia e il sorriso maliardo stampato sul volto, di saper uscire brillantemente dalle situazioni complesse.

Il punto critico potrebbe essere individuato nella percezione dei Friedkin, avvertiti talvolta come lontani e poco inclini a comprendere fino in fondo il rapporto tra la tifoseria e il tecnico. L’approccio orientato al business, alla sostenibilità e al rispetto delle norme del Fair Play Finanziario, ha finito per sovrastare la passionalità, il sentimento, la sfera affettiva che si era creata, interrompendo, a causa dei risultati altalenanti, un triennio che avrebbe potuto chiudersi in maniera molto meno drastica. La mossa controversa della proprietà, tra l’altro, non riguarda solo l’esonero di Mourinho, che in questo contesto appare più che discutibile, in quanto poco opportuno sia nei tempi che nei modi, ma anche la sua sostituzione con un esordiente come Daniele De Rossi. La dubbia convinzione che la nomina di un’icona romanista come suo successore potesse attenuare le legittime lamentele della tifoseria, non è stata accolta favorevolmente. Sorge il timore che i Friedkin, forse indirizzati in modo completamente sbagliato per la prima volta dal giorno del loro insediamento, abbiano sottovalutato la situazione; ma ormai il dado è tratto.

Ora la Roma e i suoi tifosi sono chiamati a guardare avanti, nonostante la spaccatura con la presidenza, potenzialmente devastante, possa portare a conseguenze importanti nell’immediato, a partire da un primo possibile campanello d’allarme: l’interruzione della striscia di sold-out all’Olimpico già nella sfida di sabato con il Verona. È essenziale, dunque, che la squadra fornisca risposte concrete fin da subito. In caso contrario, la situazione rischierebbe di sprofondare irrimediabilmente. Ma d’altronde si sa, Santa e dissoluta, Roma ama e non perdona.

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